giovedì 25 agosto 2011

I cani latravano (un racconto di Arcimboldi)

Fermo nell'immobile campagna romana in un pomeriggio estivo. Probabilmente fermo ad aspettare un autobus che non arriva. Riconosco quegli alti pini, i cespugli lungo la strada, in lontananza latrano i cani. Fa caldo ma non e' poi così fastidioso.
Arriva una lunga macchina nera e mi si avvicina: alla guida c'è un signore con una barba vistosa ed un paio di occhiali spessi che poggiano su un lungo naso. Mi chiede con gentilezza dove sono diretto.
Guardo i suoi occhi che sembrano punte di spillo e la sua faccia untuosa che pare di gomma, intorno a noi cantano i grilli nella campagna.
Salgo in macchina e lui guida veloce, curve ed ancora curve, lo splendore crudele della campagna.
La sua voce gioviale degenera ben presto in un falsetto incomprensibile, la barba gli si agita leggera, il suo lungo naso oscilla, comincio ad avere paura.
Guardo dal finestrino aperto la campagna assolata, gli alti pini, i cani continuano a latrare ma non si vedono.
Sul ciglio della strada c'è la ragazza, come se fosse spuntata li' all'improvviso.
Allora lui accosta e spegne il motore. Guarda verso la ragazza e ride. Ho paura, tanta paura e così scendo dalla macchina e mi avvicino alla ragazza e poi andiamo via.
Mano nella mano come in certe vecchie favole, lontano dall'orco che ci guarda attraverso gli occhiali da miope, la campagna intorno a noi e' in festa, i grilli cantano, pero' che brividi danno quei lontani latrati dei cani.

Così adesso in mezzo al prato bruciato dall'estate possiamo guardarci negli occhi. Lei e'
bella ed io ho paura pero' poi cadiamo abbracciati lo stesso in mezzo all'erba ingiallita.
La sua bocca sa di frutta fresca, il suo corpo e' il cibo più delizioso, pure i cani smettono di latrare.
Poi, dopo l'amore, restiamo abbracciati senza dire una sola parola.
Ma qualcuno crudele ha spento le luci del Paradiso perché ora sento il cuore di lei battere all'impazzata ed allora mi volto e lo vedo a qualche metro da noi, con quella sua strana barba che la brezza agita, il suo lungo naso oscillante, i suoi buffi occhiali da miope.
Lontano i cani latrano mentre l'angelo della Morte ci mostra il suo lungo coltello di macellaio e poi ridacchiando ci butta addosso il suo naso posticcio, la sua barba finta, i suoi ridicoli occhiali a fondo di bottiglia.
Guardo il mio volto per scorgere un barlume di pietà ma vedo solo due terribili occhi scuri al di sopra di un noto sorriso e del coltello, mentre la campagna si riempie di ombre.
Poi finalmente mi sveglio.




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