martedì 31 luglio 2012

Io e Don Chisciotte

Mio padre mi ha regalato il Don Chisciotte molti anni fa. Era un'edizione economica Garzanti divisa in due volumi, con le pagine piccole e piene di scrittura fitta ed i margini ridotti. Si faceva fatica a leggerla ma alla fine ce l'ho fatta e poi dopo un paio d'anni ho ripetuto l'impresa. I classici sono belli, i classici sono imprescindibili, i classici sono noiosi. La bellezza può ripagare dalla noia, però. Il fatto è che quando si ha a che fare con narrazioni così lunghe (migliaia di pagine o giù di lì) fatalmente anche un autore eccelso incappa in cadute di tensione narrativa. A Cervantes ed agli altri grandi della sua statura glielo perdoniamo, però. Don Chisciotte e Sancio sono immortali,cammineranno sempre nella nostra immaginazione fianco a fianco, sopra cavallo e asino per le distese assolate della Mancha e per il mondo. Certo dovrei trovare il tempo di rileggere le loro avventure, per ora mi accontento di sfogliare un libro con le illustrazioni immaginose del Dorè. A me piace indossare una maglietta che mia sorella mi ha portato da Madrid. Ci sono scritte sopra le prime parole del Don Chisciotte e ci sono le ombre di Don Chisciotte e Sancio. Mi piace portare quella maglietta in giro per la città e anche al lavoro, anche se c'è sempre qualcuno che mi fa la stupida domanda " Ma tu ti senti più Don Chisciotte o più Sancio?". Come se Don Chisciotte e Sancio fossero poi così antitetici, come se Don Chisciotte e Sancio non fossero complementari! Ma molti parlano del Don Chisciotte senza averne letto un solo rigo, così è la vita. Allora alla domanda di cui sopra io rispondo semplicemente: "Mi sento di più mulino a vento".

giovedì 19 luglio 2012

Galileo e Saturno

Povero Galileo. In vita ebbe dalla Natura o se preferite da Dio, il dono del genio. Ma il genio gli costò caro, purtroppo. Inutile qui rimestare vecchie storie di processi e incartamenti nonchè di ammonizioni/costrizioni lanciate da signori che indossavano lunghe sottane. Inutile davvero. Povero Galileo. In vita ebbe il dono del genio ma non quello di un cannocchiale abbastanza potente. Probabilmente impazzì per la curiosità e il disappunto non riuscendo a capire cosa fossero quelle due strane protuberanze ai lati di Saturno che lo strumento ottico gli mostrava. Forse non gli bastarono i quattro satelliti di Giove che lui aveva scoperto danzanti intorno a quel gigante. Forse non gli bastarono le fasi di Venere o le macchie solari. Povero Galileo, non riuscendo a distinguere gli anelli di Saturno probabilmente sprofondò nella malinconia e chiamò " tricorporeo" quel pianeta strampalato. Poi, un bel giorno, quando lui posò il proprio occhio ansioso sull'oculare, le due protuberanze sparirono. Era il colmo. La beffa suprema giocata da quel maligno corpo celeste. Noi oggi sappiamo che gli anelli si erano disposti di taglio rispetto a chi li osservava dalla Terra ma pensate un po' al povero Galileo: osservare un pianeta accompagnato da protuberanze che ogni tanto capricciosamente spariscono. C'era da impazzire o da intristirsi a vita. Chissà se sul proprio letto di morte avrà veramente pensato alla Terra che gira intorno al Sole e ai dispiaceri dell'Inquisizione, chissà. Io credo invece che abbia pensato a Saturno e si sia detto " lascio questo mondo senza sapere come è fatto quel fottuto pianeta". Ma così vanno le cose a questo mondo e giustamente Friedrich Durrenmatt ha scritto che non c'è niente di più triste di un genio che inciampa in qualcosa di idiota.