giovedì 28 luglio 2011

Luke Kelly

Ascolto di notte le canzoni di Luke Kelly.
Luke canta con la sua voce formidabile ed io mi lascio trasportare al di la' delle fitte tenebre. Mi capita spesso di svegliarmi nel cuore della notte, colpa del caldo oppure del freddo o magari di un brutto sogno. Allora con gli occhi aperti nel buio ed immaginando un alto volo di uccelli perduti come me nella notte, io ascolto Luke Kelly.
Lui canta spesso dell'Irlanda e l'Irlanda e' lontana e cosa c'entra poi l'Irlanda con la mia poca voglia di dormire?
Non lo so, non so rispondere. Una domanda inutile, dopo tutto.
So solo che la voce di Luke Kelly, del bravo e sfortunato Luke, mi trasporta al di la' delle fitte tenebre.
Mi sembra un tentativo di volo quello che faccio, come gli uccelli sperduti nella notte che mi vengono in mente ogni volta che Luke canta.
Volano alti in un cielo oscuro di tempesta, non sanno loro stessi dove sono diretti, poi ogni tanto un lampo più luminoso degli altri gli mostra una terra lontana.


Luke Kelly-Come Little son

mercoledì 20 luglio 2011

Libertà e dignità

La gente crede che la libertà sia la cosa più importante. Si riempie la bocca con questa parola. Invece la libertà non conta nulla. Conta infatti qualcosa di puramente immaginario?
Forse solamente nel piano di Gauss.
Pero' il mondo non e' il piano di Gauss. Eppure molti farebbero per la libertà, per questo fantasma ingannatore, qualsiasi cosa. Stupidi. Poveri stupidi. La cosa veramente importante a questo mondo, quello che dovete cercare e sperare di raggiungere, e' la dignità.

sabato 9 luglio 2011

Johnny in black

Non era importante quello che Johnny cantava.
Era importante invece come lo cantava. Era significativa al di la' delle parole, la sua voce.
La potenza indescrivibile ed evocativa della sua voce. La sua faccia percorsa da rughe che diventavano canyons. Johnny gigantesco e baritonale. Johnny che uccideva in duello Kirk Douglas, come lo vidi la prima volta in quel vecchio western.

Cosi' mentre scrivo ti sento cantare e Johnny tutto quello che riesco a dirti e' che sei grande e che anche io vorrei essere da qualche parte e non qui e questa strana sensazione che provo e' bellissima, anche quando tu canti di un amore perduto o di un uomo ucciso o del fatto che non puoi piu' tornare a casa.
Perché e' proprio questo il punto: che certe volte non si può più tornare a casa e tocca attraversare stanchi uno sterminato campo di cotone e ti sembra di provenire da nessun posto e di essere diretto verso nessun posto.
Anche se cerchi di rigare dritto e di seguire la maledetta linea, anche se cerchi di farlo.

mercoledì 6 luglio 2011

Planetarium

Il planetario di Roma si trova all'EuR in piazza Giovanni Agnelli. Ieri sera ero li' con un amico ed il suo nipote adolescente, un ragazzo silenzioso e imbranato che mi dava sui nervi solo a guardarlo.
Sembrava di gomma. Un pupazzo di gomma con ombreggiatura di baffi e mani con calli, naturalmente.
Ma comunque ieri sera, verso le otto, ero li', in quella minacciosa ed appartata piazza dell'Eur con colonnati bianchi ed incombenti tutt'intorno ed alte volte e portoni sprangati e gradinate vuote: una specie di delirio metafisico d'inizio estate.
L'aria era umida e appiccicosa, non c'era nessuno in quella piazza tranne noi tre.
Non so se avete presente l'Eur, la vastità delle sue costruzioni pretenziose, il biancore cimiteriale dei suoi palazzi che sul far della sera sembrano mausolei desolati, sacrari minacciosi e freddi.
E poi quell'architettura tanto fascista, l'ipertrofia volumetrica che vorrebbe riprodurre l'antichità di potenza e di gloria romana e al tempo stesso naturalmente se ne distacca.
L'Eur e' a Roma ma ne sembra distante anni luce.
Aspettavamo seduti sulle gradinate, parlando sotto le alte colonne e guardando il portone sprangato del planetario, aspettando che il custode venisse ad aprirci.
Sembrava di essere sospesi, miracolosamente galleggianti come foglie immobili sul lento mainstream del Tempo.
Avevo, chissà perché, un timore arcano.

Poi il portone si e' aperto e siamo entrati silenziosi per lo spettacolo di routine.

sabato 2 luglio 2011

gli ambasciatori

Uno dei motivi per cui sono andato a Londra la settimana scorsa e' vedere questo quadro alla National Gallery.
Ho faticato a trovarlo nonostante fosse così facile ma ero frastornato da tutti gli altri quadri: irretito da Caravaggio e perso in Van Gogh, ipnotizzato da Van Dyck e incantato da Velazquez.
Comunque, alla fine, missione compiuta.