Ho sentito per radio la notizia della morte di Armstrong e così inevitabilmente ho cominciato a pensare alle sue famose impronte lasciate tanti anni fa sopra quel corpo morto, nell'estate del 1969 quando io ancora non c'ero ma i miei genitori si' ed erano due ventenni che videro quello sbarco storico in televisione, quelle immagini in bianco e nero che guardandole ora sembrano provenire da un'epoca preistorica.
Certo che poi me l'hanno raccontata quella storia insieme al gran caldo che faceva in quella favolosa e stramba estate del 1969: quella di Woodstock naturalmente e quella della Luna che l'Uomo aveva sempre sognato.
Ma la Luna dei poeti si rivelava un candido deserto di rocce e polvere, Armstrong e poi Aldrin passeggiarono nella desolazione di un mondo sognato per secoli, lasciando tracce che nessun vento avrebbe mai cancellato e piantando bandiere che restarono immobili.
Chissà cosa avrebbero detto di tutto questo Baudelaire e Rimbaud.
Fu un grande passo per l'umanità o una boriosa manifestazione di forza yankee? Probabilmente tutte e due le cose.
Gli anni successivi non videro sbarchi trionfali su altri pianeti, Marte in effetti ancora dobbiamo raggiungerlo con spedizioni umane, come pure i pianeti più lontani che sono stati visitati nel tempo solo da sonde robotiche, le stelle poi forse saranno per sempre irraggiungibili: la conquista della Luna fu insomma allo stesso tempo un balzo gigantesco ed un salto infinitesimale, sembra paradossale eppure se vi fermate a pensarci è proprio così.
Ma nonostante tutto ciò, nonostante la grandezza e la piccolezza delle ambizioni umane, nonostante la morte che viene sempre a riscuotere il proprio credito, la luna brilla nelle notti terrestri e nei nostri sogni umani con i versi dei poeti e col ricordo della passeggiata di Armstrong e Aldrin in quella candida desolazione, con quelle orme non cancellate e quelle bandiere immobili.
Nessun commento:
Posta un commento