A Istanbul, sulla banchina del tram, una signora di mezza eta' mi chiese informazioni in inglese su come raggiungere Beyoglu, il quartiere dall'aspetto occidentale che al di la' del Corno d'Oro fronteggia le moschee di Sultanhamet.
Gia' cadevano le tenebre e potevo rendermi conto che la notte di maggio sul Bosforo sarebbe stata addirittura fredda, nel cielo già comparivano le prime stelle, quelle della primavera, forse Denebola, forse Spica, certamente l'occhio arancione di Arturo.
La signora, tracagnotta e dalla faccia simpatica, veniva dal Canada e portava sulle spalle uno zaino enorme: parlammo un po' del Gran Bazar e di Santa Sofia e credo anche della stupefacente Moschea Blu che entrambi avevamo visitato nella mattinata e poi, senza soluzione di continuità, cominciammo a parlare dei nostri rispettivi paesi, il suo molto più lontano.
Facemmo un tratto di strada insieme fino alla stazione di quella specie di funicolare che dal lungomare (dove eravamo) porta alla collina di Beyoglu, poi, nell'imprevista folla del metro',la persi di vista.
A Beyoglu, su Istiklal Caddesi, la via principale che attraversa quel luogo, trovai una folla eterogenea come in altri posti del mondo il sabato sera, quando ci si prepara per andare a mangiare o divertirsi tutti insieme o in coppia perché poi domani ci si potrà alzare tardi e il lunedì pare sufficientemente ancora lontano.
Nelle vetrine delle pasticcerie guardavo le piramidi di lokum e degli altri dolci turchi grondanti pistacchio e miele mentre il tram passava in mezzo alla strada e tra la folla col suo carico di suonatori.
L'amico mi raggiunse vicino alla gelateria Giolitti, che era stato sorprendente scoprire li' in un contesto tanto diverso da quello di Roma che mi riportava piuttosto alla mente il parlamento e pure qualcuno dei nostri politici settentrionali seduti a mangiare il gelato e a concedere imbarazzanti interviste ai giornalisti.
Continuammo un po' per la strada principale coinvolti nella festa, verso la non vicina piazza Taksim con la musica dei violini nelle orecchie perché i tram coi suonatori a bordo passavano di continuo nell'una e nell'altra direzione e qualche volta anzi avevo l'impressione che in realtà fosse sempre lo stesso tram ad andare su e giù coi suoi violinisti allegri e al tempo stesso malinconici.
Poi, prima di arrivare in piazza Taksim, mi venne in mente di mettermi a cercare l'albergo famoso dei viaggiatori dell'Orient Express in arrivo a Costantinopoli, credo che si chiamasse
Pera Palace o qualcosa del genere e così convinsi il mio amico a prendere una piccola strada laterale tra due altissimi palazzi: in alto sopra i cornicioni brillava un placido quarto di luna.